Problemi di salute.
Scoraggiamento.
Stanchezza.
Perdita di una persona cara.
Stress e tensione.
Dolore.
Chi di noi non ha assaggiato uno di questi tipi di sofferenza? Abbiamo probabilmente sentito il peso della croce in più di un ambito della vita. Non importa se vediamo le nostre avversità come massi tremendi o come sassolini nella scarpa: la sofferenza tocca tutti quanti, e fare paragoni non aiuta, anzi, può solo nuocere.
Nel documento Salvifici Doloris (Sul Senso Cristiano della Sofferenza Umana) Papa Giovanni Paolo II scrive che la sofferenza «è un tema universale che accompagna l’uomo ad ogni grado della longitudine e della latitudine geografica: esso, in un certo senso, coesiste con lui nel mondo, e perciò esige di essere costantemente ripreso» (2).
Nelle meditazioni di Acqua Zampillante quest’ anno desideriamo proprio riprendere costantemente il tema della sofferenza: che cos’è, perché è importante e come possiamo viverla bene. Noi Apostole della Vita Interiore riconosciamo di aver ricevuto da Dio, attraverso il nostro fondatore, un carisma sacerdotale, che si fonda sul sacerdozio universale di tutti i battezzati. Mentre noi AVI continuiamo ad approfondire questo carisma, desideriamo anche condividere delle riflessioni per aiutare tutti noi ad abbracciare pienamente la nostra chiamata battesimale.
Riconoscere l’universalità della sofferenza è solo un lato della proverbiale medaglia. Essendo persone umane conformate a Cristo nel battesimo, immerse nella sua croce e risurrezione, crediamo e sappiamo che il dolore, la sofferenza, la morte – queste cose insomma- non avranno l’ultima parola.
«In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.» (Giovanni 12, 24)
È da questo brano che prendiamo il titolo per la serie di meditazioni del 2022: “Chicco di Grano”. In questo versetto, che riassume i vari sottotemi che esploreremo mese per mese, troviamo una miniera di tesori spirituali. Per poter scavare a fondo in questa ricca vena della Scrittura, è utile richiamare alla mente il contesto del versetto: nella racconto dell’evangelista Giovanni, Gesù è da poco entrato a Gerusalemme su un asino, acclamato con palme e grida di «osanna». Mentre questa meditazione di gennaio viene pubblicata, la maggior parte di noi sta ancora contemplando il Bambino nella mangiatoia, ma sappiamo che Betlemme non è la sua destinazione finale, né lo è Nazareth, e neanche la Galilea: questo Bambino così piccolo e vulnerabile sarà un giorno destinato a viaggiare fino a Gerusalemme, per incontrare una morte crudele in croce, per risorgere e per ascendere al Padre, compiendo così la nostra salvezza, sigillata poi dal dono dello Spirito a Pentecoste.
Mentre Gesù descrive questo semplice chicco di grano, condivide con noi non solo un’immagine o un insegnamento spirituale: ci profetizza la Sua stessa missione e proclama il “ciclo vitale” spirituale del discepolo che sceglie di vivere in e per il Padre.
Se invece muore, produce molto frutto.
Molto frutto.
Se invece muore, produce…
Nuova vita.
Vita in abbondanza.
Guarigione.
Perdono.
Comunione.
→ Facciamo una sosta nella nostra lettura per pregare:
Cosa vuol dire per te “molto frutto”? Come lo immagini per te, per i tuoi cari, per il mondo in cui ti trovi? Esprimi a Gesù il tuo desiderio.
Se invece muore…
Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo.
Se invece muore…
Qual è la tragedia del chicco di grano che «rimane solo»? È una colossale perdita di fecondità. Se non moriamo a noi stessi, rischiamo di perdere un elemento cruciale dell’identità umana: il dono di sé per amore. In Salvifici Doloris, al paragrafo 24, Giovanni Paolo II cita una delle più celebri frasi nel Magistero più recente: «L’uomo non può “ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé”»(cfr. Gaudium et Spes).
Scappare da questa chiamata di «cadere in terra e morire» sarebbe negare la nostra identità umana, creata a immagine di Dio, chiamata ad un dono sincero di sé. È da notare che Gesù non dice «se il chicco di grano è piantato in terra» ma dice «caduto». Il dono sincero di noi stessi lo dobbiamo volere, però tanti elementi di questo dono non li scegliamo noi, ma Dio ci invita ad accogliere la croce con uno spirito di abbandono fiducioso.
Rivolgiamo il nostro sguardo a Gesù con il desiderio non solo di imitare il Suo dono, ma chiediamogli soprattutto di vivere Lui stesso in noi il Suo Mistero Pasquale.
Suggerimento per un proposito concreto:
Trova almeno 10 minuti di silenzio per questo esercizio:
- Prova a pensare ad una sofferenza o una sfida che stai sperimentando in questo momento, o ad una croce da cui cerchi di scappare.
- Nominala e scrivila da qualche parte.
- Ora, rileggi Giovanni 12,24 e chiedi allo Spirito Santo di entrare nel tuo cuore e di darti una parola di verità attraverso questo brano, soprattutto in luce della sofferenza che hai identificato.
- Concludi con una preghiera di lode e di ringraziamento per la Sua fedeltà.
La meditazione di questo mese è di Ruth Kuefler