1 Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. 2 Ma all’alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava. 3 Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, 4 gli dicono: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. 5 Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». 6 Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. 7 E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». 8 E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. 9 Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. 10 Alzatosi allora Gesù le disse: «Donna, dove sono?Nessuno ti ha condannata?». 11 Ed essa rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più»(Gv 8,1-11).
Per convertire non servono prediche sui mali del mondo o su quanto sia la tua vita ad essere malata. A Gesù bastano pochissime parole per far cambiare direzione ai passi dell’uomo. Basta una domanda, dritta al cuore. Questo brano del Vangelo è tutto attraversato da una sola domanda: “dove?”. La domanda di ogni ricerca, di ogni caccia al tesoro, quella dei bambini e quella che iniziamo noi ogni volta che perdiamo qualcosa. Un anello, gli occhiali, la direzione della vita. Dove? Dove ti trovi, e dove stai andando? Perché la domanda del “dove” rilancia sempre una consapevolezza più profonda del nostro vivere.
Ed ecco che noi, per i quali sono più comodi gli schemi e le risposte facili della morale, quasi mai ci domandiamo “dove”, e quasi sempre ci fermiamo al “che cosa”: che cosa ho fatto? E che cosa devo fare?, nell’esercizio brutale di spiarci per trovare a tutti i costi una giustificazione al nostro agire, o una colpevolizzazione, e nella speranza di ricevere da qualcuno la ricetta per stare bene e non sbagliare mai più. Ma questi sono esercizi per moralisti, per perfezionisti. A Gesù non importa il “che cosa”, ma il “dove”, perché ci vuole trovare a tutti i costi. Ci vuole localizzare di nuovo, dopo che il nostro GPS è impazzito e ci ha portati fuori strada. È la domanda di Dio ad Adamo: «Dove sei?» (Gen 3,9), dopo che il peccato ci sposta, ci nasconde, ci disintegra, ci allontana dagli altri.
Lasciamoci raggiungere allora dalla Parola di Dio, che leggiamo oggi con una particolare attenzione al “luogo” in cui ci conduce.
v.1 Gesù, che stava predicando nel tempio e suscitando grandi opposizioni e contraddizioni (cfr. cap. 7) va, probabilmente a sera, in un luogo preciso: il monte degli Ulivi. Noi sappiamo che sarà il luogo della sua passione, il luogo che scaverà dolorosamente le profondità del suo cuore. Gesù anticipa la sua preghiera in questo luogo: la sua passione per gli uomini è già iniziata.
Quando penso a Gesù e alla sua presenza nella mia vita, dove lo immagino? È sul suo trono di giudice, è davanti a me come un maestro, è accanto a me come un amico? In questo tempo di preghiera voglio scoprire dove Gesù è adesso: sul monte degli Ulivi. Lì sta pregando il Padre per me, gli sta raccontando della mia vita, e di quanto sono importante per lui.
v.2 All’alba Gesù torna al tempio: la casa di Dio, la casa della Parola di Dio. Tutto il popolo va da lui: Gesù si fa luogo di convergenza di molti. La scena del Vangelo che meditiamo si svolge nel tempio: indicazione che c’è qui un insegnamento per tutti, una verità che, attraverso gli eventi, sta per essere rivelata.
v.3 Anche scribi e farisei convergono a lui, ma portando “una preda”: la donna sorpresa in adulterio viene posta “in mezzo”. Che luogo è “in mezzo”? È il luogo di chi viene reso vulnerabile, la posizione dell’accusato, di chi ormai è spacciato, preda delle opinioni altrui. Quanta poca prudenza usiamo noi stessi cadendo nella trappola dei social network che sovra-espongono la nostra interiorità e le nostre scelte! “In mezzo” non c’è alcuna protezione o difesa. Si è sotto un fuoco incrociato di accuse da cui è impossibile uscire vivi.
Dove sono io? Che cosa mi fa sentire “in mezzo”? Sento accuse, pressioni intorno a me? Avverto una fragilità che non viene custodita dagli altri, ma anzi usurpata? O sono i miei stessi pensieri e rimorsi a farsi voci di accusa contro di me? È importante che io riesca a distinguere queste voci, per poter riconoscere come Gesù interviene.
v.4 La cosa importante, che viene messa avanti dai farisei, è il fatto peccaminoso che hanno appena scoperto. Dove è fissato il loro sguardo? Sul peccato da andare a scovare, su ciò che fuoriesce dalla norma.
E il mio sguardo, su di me e sugli altri, su cosa è fissato? Da cosa viene catturato? Dal bene, dalla potenzialità, o dai difetti, dalle debolezze? Dove guardo?
v.5 La Legge: viene usata la Parola di Dio, data a Mosè, per condannare la donna, nel tentativo si ripristinare l’ordine alterato. Forse per difendere Dio stesso dalle offese recategli dal peccato. Ma non sarà forse per difendere anche se stessi, e affermare la propria giustizia? Condannando il colpevole, affermo la mia innocenza. E la legge diventa uno scudo per me: io, che la osservo, sono giusto, mi sento a posto. La legge diventa una corazza che mi protegge da quell’ eccesso di vita, di misericordia, di amore che i farisei già intravedevano in Gesù. La misericordia spaventa chi si sente giusto da solo, perché capace di osservare con le proprie forze una legge. Dove sono allora in realtà queste persone? Davanti alla Parola di Dio, con cuore libero, o davanti alla propria giustizia?
Come sto io di fronte alla Parola di Dio? Con la semplicità di chi appoggia l’orecchio sul cuore di Dio, per ascoltare la sua voce, o con la pretesa di chi sa già tutto e usa la Parola per confermare a se stesso di essere nel giusto e per rassicurarsi?
v.6 L’evangelista stesso risponde alle nostre domande, chiarendo le intenzioni dei farisei: accusando la donna, volevano accusare Gesù stesso. Usano Dio per accusare Dio. Usano la giustizia per accusare il Giusto. Sono prigionieri di uno schema spaventoso che li erge a giudici del mondo e di Dio!
Ma Gesù scrive per terra. Costringe, con un gesto misterioso, a una pausa di silenzio. Quella che noi invece affoghiamo continuamente con i commenti, il pettegolezzo, i dibattiti. Gesù ci ammutolisce, e ci costringe ad abbassare lo sguardo, distogliendolo dal peccato dell’altro, a ritornare alla polvere di cui tutti siamo fatti. A guardarci dentro, a sentire l’eco tremendo delle nostre parole.
v.7 Siccome i farisei insistono con le domande (false), ecco l’unica risposta vera: quella che sfonda la corazza che si sono costruiti, che sferza la presunta giustizia, e che è in realtà una scomodissima domanda: chi di voi è senza peccato?
Questa è la vera umiltà: quella che si prova non di fronte alle accuse nostre e degli altri, che ci uccidono, ma davanti al volto di Gesù, che ci fa vivere, riconoscendo di non somigliargli ancora del tutto.
v.8 Gesù riprende a scrivere. È l’unica volta nei Vangeli in cui Gesù scrive. Dio, dopo aver inciso con le proprie dita la Legge sulle tavole di Mosè, continua a scrivere. Non ha finito di parlare. La Legge non è ancora compiuta. Perché la Legge non va osservata come una cosa morta, ma vissuta, amata: compiuta. E pieno compimento della Legge è l’Amore. Gesù scrive ancora: è il racconto dell’amore di Dio, della passione di Dio per l’uomo, e prima di tutto per l’uomo e la donna che sono “messi in mezzo” dall’ingiustizia e dalla violenza.
v.9 Se ne andarono. I giustizieri cambiano luogo: forse anche nel loro intimo qualcosa è cambiato, forse è per qualcuno di loro l’inizio di un cammino nuovo, a partire da quel brusco ricollocamento. Gesù, invece, rimane. Non ha paura, non ha nulla da difendere. Ha qualcuno da incontrare.
v.10 Ed è un incontro vero: Gesù si alza, per guardare la donna negli occhi. Come donna, non come adultera. Come a dire: ben prima di ciò che hai fatto, ti ricordo chi sei. E dove sei: davanti allo sguardo di Dio stesso. il Dio che ha fatto i cieli e la legge e il tuo cuore è qui e ha occhi soltanto per te. Sei di nuovo riportata alla tua interezza di donna, di figlia. Sei vista tutta insieme, tutta raccolta in quello sguardo.
E la grande domanda: dove sono? – che significa: dove sono i presunti giusti? Che ne è di tutta la loro giustizia? È svanita, perché era cosa di uomini. Dove sono le loro accuse, e le tue accuse a te stessa, e tutte le voci di rabbia, e i sensi di colpa? Davanti a me, non sono nulla. Come fantasmi che svaniscono. Così che tu comprenda dove sei davvero, e cosa conta davvero.
v.11 Conta che Dio non è un Dio che condanna. Lo dice Egli stesso. Non ti condanno: ancora prima del tuo pentimento. La donna non recita nessun atto di dolore. Viene salvata da uno sguardo, da una presenza che è più forte, più consistente di tutte le altre. Io sono il Dio che ti guarda e ti assolve, cioè ti libera, perché ha a cuore la tua vita e il tuo futuro più dei tuoi sbagli passati. In questo incontro c’è un riposizionamento: dov’è la tua vita? La tua vita è nata nell’amore e viene avvolta dall’amore. Uno sguardo che ti prende tutta: c’è il tuo errore, sì (non peccare più), ma afferrato dalla speranza. Gesù scrive: scrive nel cuore della donna, scrive un nuovo inizio, una storia nuova perché toccata dalla grazia.
È l’incontro che anche noi possiamo vivere nel sacramento della Riconciliazione. Anche a noi Gesù pone la domanda: dove stai vivendo? Perché chi ama chiede il dove, per poter raggiungere l’amato: dove sei? Forse stiamo vivendo, come i farisei, nella corazza della legge, con cui proteggiamo noi stessi e giudichiamo gli altri. Forse siamo “in mezzo”, colpiti dalle nostre stesse accuse (sensi di colpa, rimorsi, sguardo al passato, senso di fallimento, rabbia). Gesù fa svanire le voci di accusa e ci guarda negli occhi: non siamo più “in mezzo”, ma soli davanti a Lui. Che comincia a scrivere, anche per noi, una storia di vita bella, amata, piena di futuro.
Proposito concreto
In questo tempo estivo, in cui la domanda sul “dove” ci rimanda al desiderio delle vacanze, cerca anche per la tua anima un luogo di rigenerazione. Assicurale uno spazio quotidiano in cui poter stare davanti allo sguardo di Gesù: uno sguardo di cura, di verità, di amore sulla tua vita. Incoraggia anche una persona che ti è vicina a vivere questa “vacanza spirituale”, proponendole un momento di preghiera insieme. Magari leggendo questa meditazione.
La meditazione di questo mese è di Sabina.