Giovanni 20,11-1
Maria, invece, se ne stava fuori vicino al sepolcro a piangere. Mentre piangeva, si chinò a guardare dentro il sepolcro, ed ecco, vide due angeli, vestiti di bianco, seduti uno a capo e l’altro ai piedi, lì dov’era stato il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?» Ella rispose loro: «Perché hanno tolto il mio Signore e non so dove l’abbiano deposto». Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Gesù le disse: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?» Ella, pensando che fosse l’ortolano, gli disse: «Signore, se tu l’hai portato via, dimmi dove l’hai deposto, e io lo prenderò». Gesù le disse: «Maria!» Ella, voltatasi, gli disse in ebraico: «Rabbunì!» che vuol dire: «Maestro!» Gesù le disse: «Non trattenermi, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli, e di’ loro: “Io salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro”». Maria Maddalena andò ad annunciare ai discepoli che aveva visto il Signore, e che egli le aveva detto queste cose.
Questa è la storia di una donna innamorata di Gesù: è andata al sepolcro con le altre donne ma loro sono andate via, lei no. Insiste nel rimanere alla tomba e continua a sperare contro ogni speranza. Gli altri vedono l’evidenza dei fatti e se ne vanno. La Maddalena non si arrende a quello che vede, o che non vede, con i suoi sensi. Si ricorda delle parole del Signore riguardo al suo ritorno e, anche se non le capiva allora, e ancora meno adesso dopo la sua morte, comunque ci spera. Se con la testa non le comprende ancora, il suo cuore non le lascia andare via.
Come per premiare la sua perseveranza, arriva Gesù in persona e comincia a interessarsi di lei. Ecco, già da questo Maria avrebbe dovuto avere il sospetto che fosse Gesù. Le appare un uomo che le rivolge la parola, e una parola di cura e di compassione: «Donna, perché piangi?».
Chiudiamo gli occhi per sentire Gesù che fa a ciascuno di noi la stessa domanda: «Janel, perché piangi?». Immaginiamo il tono delicato della sua voce, lo sguardo penetrante ma estremamente rispettoso. «Che cosa ti fa male? Dimmelo. Cosa hai dentro? Cosa ti rende triste?». La domanda di Gesù è segno della sua presenza e attenzione, ma è anche molto scomoda. Trovare il perché delle mie lacrime vuol dire focalizzare quello che ho più a cuore. Non piango per cose che non mi interessano, per persone o situazioni lontane da me. Anche se si tratta di vicende oggettivamente gravi, non piango per le centinaia di profughi che muoiono ogni giorno, mentre piango sì per mia nonna che muore. Verso le lacrime per quello che è vicino e importante per me: la mia famiglia, le mie amicizie, le mie delusioni. Come nel dialogo con la Samaritana, Gesù fa una domanda che diventa il sondino del mio cuore: «Dov’è il tuo tesoro? Che cosa hai più a cuore?».
Gesù ripete la domanda «Donna, perché piangi?», aggiungendo subito un’altra domanda, come per rendere più concreta la prima: «Chi cerchi?». Gesù sa bene che dietro le nostre lacrime c’è sempre qualcuno. Per chi piango? Chi è al centro del mio cuore? Mio figlio, mia madre, la mia amica, o me stesso? Sì, posso anche piangere per me stesso. Quante volte le mie confessioni sono più un dispiacermi per non aver mantenuto quell’immagine ideale che avevo di me, piuttosto che il dispiacermi per aver indebolito la mia relazione con Dio? Quante volte piango per il mio orgoglio ferito piuttosto che piangere per aver ferito il Signore?
Spesso nei vangeli si parla di persone in lacrime: la donna peccatrice ai piedi di Gesù, Marta e Maria alla morte del fratello e anche Gesù stesso in varie occasioni. Da allora, lungo tutta la storia del Cristianesimo, le lacrime sono state considerate una grazia da chiedere. Perché una grazia? Non so voi, ma a me non piace per niente piangere! Divento rossa in viso, gli occhi si gonfiano, poi devo soffiarmi il naso e magari vengono i singhiozzi che non riesco a controllare. Insomma, divento proprio brutta! Ancora peggio se qualcuno dovesse vedermi in quello stato! Mostrarci nella nostra fragilità ci è difficilissimo. Eppure è proprio il prendere consapevolezza del nostro bisogno che fa trasformare le semplici lacrime in una delle grazie più grandi.
Le lacrime sono un dono perché preparano il cuore a ricevere Gesù. Ammorbidiscono la nostra durezza, fanno crollare le nostre illusioni di autorealizzazione e i tentativi di controllo, fanno uscire la nostra umanità e il nostro bisogno di Dio. Ci ricordano che siamo piccoli, che non ce la facciamo a fare tutto da soli, e dunque ci aprono a un Altro.
Lenisci con le lacrime
la durezza dei cuori,
accendi il desiderio
della patria beata. (Da un inno delle Lodi)
Il dono delle lacrime conferisce all’anima la capacità di percepire più chiaramente ,da una parte la grandezza e la bellezza di Dio , dall’altra la propria piccolezza. Queste vere e autentiche lacrime hanno anche un effetto rigenerante: non solo sciolgono il cuore e lo frantumano nelle sue durezze, ma irrigano l’anima e la rendono feconda, capace di amare. Il cuore inondato dalle lacrime pian piano si cristifica, cioè si rende sempre più simile al cuore di Cristo. I sentimenti di Cristo diventano i nostri sentimenti, il suo sentire il nostro, il suo essere compassionevole il nostro.
È ovvio che il dono delle lacrime non coincide con il piangersi addosso, con il ripiegarsi su se stessi e sulle propri croci, ma è invece la capacità di vedere Dio e riguardare ogni cosa in Lui.
Beati i puri di cuore perché vedranno Dio.
Tante volte, il cammino verso la purezza di cuore passa attraverso le purificazioni che rendono il nostro amore più pieno e autentico. Anche Maria Maddalena ha fatto l’esperienza dolorosa del distacco con la morte di Gesù e non solo: ha sperimentato il distacco nel non poter trovare il corpo di Gesù, e una volta che Gesù le si è manifestato, anche allora Lui le dice: «Non mi trattenere». Gesù progressivamente educa la sua discepola amata a un amore più grande, più libero. Noi essere umani, e specialmente noi donne, tendiamo ad appoggiarci sulle persone, e anche ad attaccarci a loro. Dio permette esperienze di distacco per ricordarci che è Lui la fonte della nostra vita, è su di Lui e Lui solo che ci dobbiamo appoggiare, anche nelle relazioni di coppia. L’altra persona non può soddisfare tutte le nostre esigenze di affetto, non può colmare completamente la nostra solitudine. Ogni pretesa in questo senso può essere causa della rottura della relazione. Solo con la consapevolezza che è Dio l’unico capace di amarci incondizionatamente ci sarà lo spazio necessario per la libertà.
Scrive Jacques Philippe nel suo libro La libertà interiore:
«Non c’è felicità senza amore, e non c’è amore senza libertà … Da questo intuiamo lo straordinario valore della libertà: è essa a dare valore e pregio all’amore, e l’amore è la condizione della felicità».
Dio permette il distacco, spesso doloroso, nelle nostre relazioni sempre per donarci la libertà che rende possibile l’amore vero. Dio ci sorprende e va al di là dalle nostre aspettative per darci qualcosa di molto più grande. Così ha fatto con la Maddalena: lei cercava e anelava il corpo esanime di Gesù, ben poca cosa rispetto a quello che Dio voleva darle, che era una relazione con Gesù risorto e vivo. Il più grande desiderio della Maddalena era di trovare il cadavere di Gesù, ma questo desiderio era troppo piccolo agli occhi di Dio, e la limitava nella sua visione della realtà. Le impediva di riconoscere la bellezza e la grandezza della realtà davanti a lei, scambiando Gesù per un giardiniere. Non riusciva a vedere Gesù, che lei stessa desiderava, perché era convinta che avrebbe trovato un cadavere. Dio va oltre i nostri schemi e la nostra visione limitata. Si manifesta a noi nella realtà, perché il nostro Dio si è incarnato, si è fatto vicino a noi. E’ nella realtà concreta intorno a noi che Dio darà molto più di quanto noi stessi chiediamo o desideriamo.
In un’omelia su questo vangelo (a Santa Marta, 2 aprile 2013), Papa Francesco ci ha ricordato che «alle volte, nella nostra vita, gli occhiali per vedere Gesù sono le lacrime». Forse quelle lacrime sparse dalla Maddalena erano necessarie per preparare il suo cuore a ricevere il dono immenso della prima apparizione di Gesù Risorto. Forse anche le nostre lacrime ci apriranno a un dono più grande di quanto possiamo immaginare, come può essere la libertà che è condizione dell’amore vero.
«Qual è il messaggio di questa donna?» chiede il Papa. «Ho visto il Signore». Chiediamo al Signore questa “bella grazia” delle lacrime che ci preparano a vedere Gesù, e di conseguenza, la grazia di poter testimoniare a tutti con la nostra vita: «Ho visto il Signore».
La meditazione di questo mese è di Janel.
Proposito concreto:
- Chiudere gli occhi per immaginare la voce di Gesù che ci chiama per nome e ci chiede: «_________, perché piangi? Chi cerchi?».
- Chiediamo la grazia delle lacrime per poter veramente vedere il Signore nella nostra realtà concreta.
- Condividere con qualcuno che “hai visto il Signore”.