Posted On 03/02/2018

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by Ruth Kuefler

Dopo il fiume cosa c’è…

Lo scorso mese ci siamo ritrovati su un sentiero di montagna, scoprendo pian piano le meraviglie della natura dietro ogni angolo. Proporrei di continuare ancora quest’avventura, ma stavolta scoprendo una Terra Nuova.

Il film “Pocahontas”di Walt Disney racconta la storia (verosimile) dell’incontro fra gli esploratori europei che viaggiano per cercare oro nell’America del Nord e gli indiani nativi che si trovano già lì. Tanti sono i temi che il film ci potrebbe offrire, nonostante sia realizzato principalmente per bambini, ma mi soffermo su uno di questi, che si presenta già verso l’inizio della trama.

Pocahontas è la figlia del capo tribù: quando questi torna da un suo lungo viaggio, le annuncia che il guerriero più celebre ha chiesto il permesso di sposarla. Poi le spiega che Kocoum è forte e fedele, e con lui non ci sarà mai il rischio di trovarsi in pericolo. Sorpresa da questa notizia e non sapendo come rispondere alla richiesta di suo padre di prendere sul serio “il suo posto” fra il loro popolo, la ragazza fugge con la sua canoa e canta:

«Ciò che dei fiumi amo di più
è che non sono mai uguali, mai
E l’acqua scorre senza mai   pensare
Ma per noi umani non è così
Se il prezzo da pagar
Ci fa perder l’occasione di scoprire
Dopo il fiume cosa c’è
Al di là del fiume cosa c’è
E io non so
Dopo il fiume cosa c’è
Là dove noi
Non rischiamo mai.
Non so se poi,
Se il mio sogno incontrerò
Forse dopo il fiume c’è
Per me,
Solo per me…
Lo sento dietro gli alberi
Dovunque vada lui con me
Non posso più ignorare il suo richiamo
Mentre adesso gli altri aspettano
Io sono ancora qui
A fantasticare che qualcosa  avvenga
Al di là del fiume che
Sta sognando insieme a me
E cerco ancor
Dopo il fiume cosa c’è
Qualcosa che
Non so come sia
Non so perché…
Se il mio sogno corre là
Dopo il fiume cosa c’è
Dopo il fiume cosa c’è

Dovrei scegliere una via
Per capir la vita mia?
Se sposare Kocoum?

Ma come può finir così?
O tu sei lì, lì per me, mi aspetti
Dietro il fiume aspetti me»

Benché la traduzione sia abbastanza fedele allo spirito della canzone, scritta originariamente in Inglese, vi sono alcune parole essenziali che mancano nell’ultima strofa. Per questo la tradurrei meglio così:

Sceglierei il fiume più liscio,

costante e sicuro come il battere del tamburo?

Dovrei sposare Kocoum?

È questo il fine del mio sognar?

Oppure sei ancora lì, O donatore dei sogni,

dietro il fiume che aspetti me?

 

Sapendo che il Donatore dei Sogni l’aspetta, Pocahontas percepisce nel profondo la spinta necessaria per andare avanti, anche laddove manca la chiarezza. Sposare Kocoum non sarebbe sbagliato ma, facendolo, non seguirebbe Colui che parla al suo cuore e accoglierebbe invece una decisione già presa per lei, più sicura e senza alcun rischio. La scena successiva descrive lei ad un bivio, mentre sceglie di proseguire con la sua canoa a destra, pronta ad intraprendere acque meno tranquille, e in questo caso ad imboccare la via più stretta (cfr. la foto dal film qui sopra). Spinta dal grande desiderio di conoscere questo Donatore dei Sogni e sapendo di non poter «più ignorare il suo richiamo»,  la sua avventura prosegue in tutto il resto del film.

Se lei non avesse deciso di andare, di scoprire, di rischiare e di provare, il film si sarebbe tranquillamente concluso  lì,  con lei ferma alla soglia di quella divaricazione del fiume.

«La decisione richiede di essere messa alla prova dei fatti in vista della sua conferma. La scelta non può restare imprigionata in una interiorità che rischia di rimanere virtuale o velleitaria – si tratta di un pericolo accentuato nella cultura contemporanea –, ma è chiamata a tradursi in azione, a prendere carne, a dare inizio a un percorso, accettando il rischio di confrontarsi con quella realtà che aveva messo in moto desideri ed emozioni. Altri ne nasceranno in questa fase: riconoscerli e interpretarli permetterà di confermare la bontà della decisione presa o consiglierà di rivederla. Per questo è importante “uscire”, anche dalla paura di sbagliare che, come abbiamo visto, può diventare paralizzante»[i].

Ecco allora che non basta solo imparare l’arte di riconoscere la presenza di Dio, ma bisogna poi fare un altro passo per poter mettere le sue parole in azione, un passo che ci consenta di viaggiare con e per Lui, come i Magi che abbiamo incontrato nella celebrazione dell’Epifania, all’inizio del mese scorso. Essi hanno rischiato tanto, e hanno viaggiato a lungo non sapendo con certezza dove andavano, ma alla fine hanno incontrato il Signore, il Donatore dei Sogni! Tutti quanti noi siamo un popolo sia di fede che di opere, di riflessione e di azione.

 

Ma da dove viene il coraggio di dire sì, di rischiare, di scegliere una via o di prendere una decisione? Senz’altro dalla fonte: dall’incontro con il nostro Dio, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe.

Mi ricordo, ai tempi dell’università in Texas, la bellezza travagliata degli anni del mio discernimento vocazionale. Diciamo che all’inizio lo sforzo di voler prendere una decisione era talmente guidato dalla mia stessa volontà, che ad un certo punto la mia guida spirituale mi ha guardata e mi ha detto: «Ma Briana, tu stai pregando?». Si trattava di una domanda che avrebbe richiesto una risposta immediata e ovvia, ma per me non lo era. Questo perché ancora non andavo ad attingere alla fonte, ma cercavo di creare acqua da sola per poter saziare la mia sete. In effetti come si può conoscere il sogno, se non si conosce il Donatore dei Sogni? Come si può sapere per che cosa siamo creati, se non conosciamo il Creatore?

Io seguivo più che altro le grandi emozioni o ispirazioni che percepivo nella preghiera, e così, mentre la mia immaginazione volava, il mio desiderio di avere tutto schematizzato (in modo perfettamente organizzato) contribuiva senza dubbio alla mia fatica. Prima di Natale, nel mio ultimo anno di studi, tentavo di spiegare alla mia guida questa forte sensazione di essere come sul ciglio di un burrone, tanto vicino al successivo passo; ma di che cosa… non sapevo. Riconoscevo solo che ero molto prossima alla decisione da prendere e che non sapevo come buttarmi in questa sorta di abisso che si trovava dinanzi a me. Come nella citazione soprascritta, avevo paura di sbagliare strada e quindi ero paralizzata lì,  su questo “precipizio” interiore. Ricordo che la mia guida mi disse: «Briana, ora che torni a casa, in questi giorni di vacanza fai finta che la decisione l’abbia già presa. Scegli una delle due alternative e vivi come se fosse quella lì la tua strada, e vedi cosa ti dice il tuo cuore».

«Altri [desideri ed emozioni] ne nasceranno in questa fase: riconoscerli e interpretarli permetterà di confermare la bontà della decisione presa o consiglierà di rivederla»[ii]

È nelle nostre stesse azioni che possiamo scoprire il prossimo passo da compiere. Infatti, tornando a casa e facendo “finta” di aver già scoperto la mia vocazione, ho potuto per la prima volta far scendere tutta la teoria che nuotava nella mia testa in qualche cosa di più concreto. Ho pianto, ho riso, ho avuto paura e ho avuto una gioia immensa che poi è stata «luce sul mio cammino» (Sal 119, 105). Sono tornata pronta a lanciarmi, a prendere la mia canoa e ad andare avanti. Verso che cosa esattamente, non ne ero sicura… Ma sapevo che ormai non potevo più star ferma.

Dopo il fiume, cosa c’è?

Proposito Concreto:

In questo mese, lì dove vediamo che facciamo fatica a prendere una decisione o a metterci di nuovo in moto, proviamo a prendere qualche giorno a “far finta” che abbiamo già deciso e portiamo ciò che sorge nel nostro cuore al Signore nella preghiera. Con Lui poi, facciamo un atto di fiducia nella Sua provvidenza prima di continuare il nostro percorso.

Lo scopre solo chi si rimette in cammino o, in questo caso, “in canoa”.

La meditazione di febbraio è a cura di Briana.

 

 

 

[i]Dal documento preparatorio del Sinodo dei Vescovi su I giovani, la fede e il discernimento, 2017.

[ii]Id.

http://www.airdave.it/t/tv/canzoni/testo_dopo_il_fiume_cosa_ce_pocahontas.htm

 

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