Oggi vogliamo riflettere sui limiti che caratterizzano la vita di qualunque persona al mondo. Quando tratto un argomento è mia abitudine iniziare dall’etimologia della parola che lo definisce.
“Limite” viene da “ limes” e indica una linea che divide, che fa da frontiera, termine che non si può e non si deve superare. Il limite nasce con la persona, le è connaturale e non le toglie il suo valore. Tuttavia quando il limite si presenta ci sentiamo in colpa e ci scoraggiamo. Abbiamo la pretesa e la brama di riuscire in tutto; dal momento che questo non è possibile cerchiamo di nascondere anche a noi stessi il nostro limite per evitare di sentirci inadeguati e frustrati. Quanto sarebbe diverso il nostro sentire qualora vivessimo il limite come dono provvidenziale di Dio! Quando non arrivo in qualcosa è il momento di far intervenire l’altro o magari anche l’Altro. Il mio limite costituisce lo spazio per la collaborazione. Dove non arrivo io, arrivi tu e viceversa. Ho imparato che quando non so fare qualcosa o invito qualcun altro a farla al posto mio, o imito passo passo chi ne ha la competenza. Il limite allora diviene un’occasione di condivisione e di comunione senza pari.
I proverbi della saggezza popolare confermano e sintetizzano tutto questo: ” l’unione fa la forza”; Sì perché ognuno di noi è limitato e proprio per questo ha un dono particolare e specifico che lo rende unico e irrepetibile. Tuttavia per vivere il limite come ricchezza è necessario non soltanto saper in teoria quanto detto, ma farlo penetrare nel midollo delle nostre ossa, cioè esercitarci quotidianamente nell’arte di esser umili, cioè veri, autentici, senza maschere. Da dove cominciamo? Prima di tutto è necessario conoscere se stessi e ci conosciamo non tanto e non solo rientrando in noi stessi ma anche e soprattutto confrontandoci con la Parola di Dio, con quanto gli altri dicono di noi e riflettendo sui nostri comportamenti. I fatti, cioè come agiamo, rivelano chi siamo. Diamo poi un nome a ciò che costituisce il nostro limite, individuiamo ciò che non sappiamo fare e poi con sano realismo accettiamo di non saper fare qualcosa e chiediamo all’altro di intervenire. Così facendo creeremo vera comunione. C’è un aspetto del limite che ci angoscia e che non può essere trattato in questo modo: é il limite del tempo, ossia il fatto che tutto finisce e che anche noi siamo destinati a morire.
Chi di noi pensando al suo limite temporale non rimane incredulo e sconcertato? Tuttavia il Vangelo ci viene incontro e ci annuncia la Buona novella: Cristo ha sconfitto la morte.
Si tratta allora di vivere concentrati e non schiacciati sull’attimo presente e riempirlo d’amore. Si vive schiacciati sul presente quando per non pensare diveniamo dipendenti di quel piacere o di quell’altro; si vive concentrati sul presente quando si fa la scelta fondamentale di orientare la nostra esistenza a Dio e si cerca in ogni momento il modo migliore per esprimere il nostro amore. Insomma la serenità ti viene dal vivere il seguente motto: vivi l’attimo e riempilo d’amore. Solo l’amore rimane, solo ciò che faccio con amore e per amore resta… Tutti pensando al futuro ci spaventiamo perché il pensiero del futuro non è la realtà ; quindi pensiamo il nostro futuro senza l’aiuto di Dio. Quando il futuro sarà presente sarà abitato da Dio perché Dio è solo nella realtà; allora saremo in grado di viverlo e anche di viverlo bene perché come S. Paolo diremo:
“non sono più io che vivo ma Cristo vive in me”.
Proposito concreto: nell’arco di ogni giornata ogni tanto mi fermo e mi rifocalizzo sul momento presente per viverlo con consapevolezza e riempirlo d’amore. Cercherò ogni volta che mi sento limitato di chiedere umilmente e con semplicità aiuto.
La meditazione di questo mese è di Tiziana Mazzei