Un giorno d’autunno, uno dei soliti giorni lavorativi, sale come di consueto in autobus un uomo che, nel tragitto verso il luogo di lavoro, legge avidamente l’ingombrante giornale, sprofonda nella lettura e non si avvede mai di ciò che accade attorno a lui… ma quel giorno d’autunno, dopo solo qualche minuto, ecco sedersi a distanza un papà con tre figli maschi. Il bus è praticamente soltanto per loro; i bambini non stanno fermi un attimo, si alzano, si siedono, poi si rialzano e si rincorrono l’un l’altro nello stretto corridoio del bus emettendo suoni sguaiati e striduli soprattutto quando per una frenata brusca del conducente si scontrano tra di loro. L’uomo del giornale lancia più volte occhiate minacciose ai bambini noncuranti e soprattutto il suo sguardo è colmo d’ira verso il giovane genitore. Si trattiene per un po’, sperando che questo padre sgridi finalmente questi scalmanati; non ce la fa più e sbotta: “Ma insomma, è questo il modo di educare i suoi figli? Possibile che lei non sia capace di riprenderli?” Dopo una breve pausa gravida di riflessione il papà pacatamente risponde: “Mi scusi per il disturbo arrecatogli dai miei gioielli… in altre circostanze li avrei rimproverati… ma torniamo dall’ospedale dove da qualche ora mia moglie è deceduta”.
Possiamo solo immaginare come si sia sentito il signore del giornale. Molte volte pensiamo di ricevere del male dagli altri, pensiamo che appositamente ci feriscano o quanto meno non si curino se il loro comportamento può arrecare o meno danni al prossimo. La realtà è ben diversa: noi vediamo solo l’esterno, le azioni, ma non sappiamo cosa c’è dietro, non conosciamo la loro motivazione. Il male che riceviamo potrebbe essere, in alcune circostanze, il miglior comportamento che l’altro in quel momento possa assumere; questa storia ne è una dimostrazione.
“La carità non tiene conto del male ricevuto”: quante riflessioni sul perdono si potrebbero svolgere! Si potrebbe fare una trattazione sull’essenza del perdono, si potrebbe parlare del Sacramento della Riconciliazione come mezzo privilegiato per imparare e avere la forza di perdonare, si potrebbero presentare figure di spicco che hanno fatto del perdono il loro modus vivendi… ma oggi preferisco sottolineare i seguenti punti:
1. Non sempre il torto o il danno ricevuto è frutto di scelte cattive da parte degli altri.
2. Non ci conviene tener conto del male ricevuto.
3. Dobbiamo essere persone che agiscono e non che reagiscono.
4. Il torto subìto ingiustamente compensa le volte in cui l’abbiamo fatta franca.
Il primo punto lo abbiamo già visto. Passiamo al secondo: S. Caterina da Siena insegna che Dio ci ama e ci perdona sempre; dal momento che noi non potremmo mai ricambiare a Lui direttamente un tale amore, ecco che Dio ci dona il prossimo e ci dice di pregare “rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Dio non può essere beneficato dall’uomo essendo Lui l’Ente perfetto, per cui chiede il ricambio delle opere amorevoli verso il prossimo, elevato come creditore di ogni uomo.
Ogni virtù e ogni difetto si compie attraverso il prossimo. L’uomo da solo non si realizza, o non si realizza compiutamente, perché è il rapporto con il prossimo, anche quando confliggente, che lo porta o per adesione o per contrapposizione a diventare sempre più se stesso, realizzando il programma della sua vita, della qualità della sua vita e della sua stessa identità complessiva, ed eliminando tutte le potenzialità inespresse con progressione benefica.
Tener conto del male subìto sarebbe svantaggioso per noi in quanto presto realizzeremo quanto il debito verso Dio eccede il debito che gli altri hanno nei nostri riguardi. Eccoci al terzo punto: noi tutti tendiamo a ripagare l’altro con la stessa moneta, a reagire e non ad agire: se tu mi saluti, io ti saluto, ma se tu mi togli il saluto facilmente anche io smetto di salutarti.
La legge del taglione ha cercato di moderare il desiderio di vendetta che danneggia l’altro in maniera sproporzionata: mi hai rubato cento euro, io te ne rubo duecento; mi hai tamponato la macchina allora io ti sfregio la faccia; tuttavia se ci attenessimo alla legge del taglione “occhio per occhio e dente per dente” vivremmo, come diceva Gandhi, in un mondo di ciechi e di sdentati. Non posso fare determinare il mio comportamento da quello che fa l’altro: devo agire, non reagire: se decido di essere sempre civile con tutti, anche di fronte poi a chi mi manca di rispetto continuo ad essere gentile. Di più: sarà proprio la mia gentilezza l’elemento disarmante che giungerà dritto al cuore del mio interlocutore e lo cambierà più e meglio di qualunque altra “lezione” che istintivamente vorremmo impartirgli.
Per quanto riguarda il punto conclusivo di questa meditazione mi viene in mente un pensiero che lessi negli scritti di S. Teresa d’Avila: il momento in cui subisci un rimprovero ingiusto compensa le volte in cui hai sbagliato e nessuno ti ha ripreso, o perché il tuo errore è passato inosservato o perché l’altro ha lasciato correre; inoltre, aggiungo io, ogni volta che veniamo criticati ingiustamente dovremmo riconoscere che spesso c’è sotto un fondamento di verità. Quanto meno dovremmo chiederci: perché ho dato questa impressione erronea?
Insomma, conviene davvero non tener conto del male ricevuto: questa è carità verso gli altri e prima ancora sano amore di sé. Credere a tutto ciò è una bella cosa, ma mettere in atto queste cose in cui si crede è una vera prova di amore.
Possa il Signore aiutarci a vivere anche questo aspetto della carità; possa Maria continuare ad essere modello e guida del nostro cammino verso la maturità dell’Amore.
Proposito Concreto:
Ci sono delle ferite su cui in questo periodo stai rimuginando? Se questo è il caso, fai di quella relazione l’oggetto della tua preghiera in questo mese, chiedendo al Signore la capacità di amare e perdonare coloro che ti hanno ferito.
La meditazione di febbraio è di Tiziana