Posted On 01/11/2013

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by Ruth Kuefler

La carità tutto copre

Quest’estate, leggendo un libro sugli insegnamenti spirituali di Doroteo di Gaza, mi sono imbattuta in un personaggio, che non conoscevo e che mi ha molto colpito. Si tratta di sant’Ammonas, eremita e poi vescovo, discepolo di Sant’Antonio abate(IV secolo d.C), il quale spese 14 anni nel deserto ‹‹chiedendo a Dio giorno e notte la grazia di vincere l’ira». E fu esaudito al punto che di lui Doroteo , nel suo capitolo sul dovere di non giudicare il prossimo, racconta quest’episodio: ‹‹Che fece sant’Amonas, quando vennero quei fratelli a dirgli: “Ecco, c’è una donna nella cella del tal fratello”? Quanta misericordia dimostrò? Quanto amore ebbe quell’anima santa? Sapendo che il fratello aveva nascosto la donna sotto la botte, se ne andò a sedersi sopra e disse agli altri di cercare in tutta la cella. E siccome non la trovarono, disse loro: “Dio vi perdoni!” Li svergognò per aiutare anche loro a non dare credito facilmente alle dicerie contro il prossimo; ma fece rinsavire anche quell’altro, non solo proteggendolo, dopo Dio, ma anche correggendolo, quando trovò il momento adatto. Infatti, dopo aver fatto uscire tutti gli altri, non fece altro che prendergli la mano e dirgli: «Bada a te stesso,fratello!». E il fratello subito si vergognò e restò compunto e subito agirono sulla sua anima l’amore e la compassione dell’anziano» (Ins. VI, 76).

“Se ne andò a sedersi sopra”: com’è delicata la carità! Così sono i santi quando vedono i difetti degli uomini. Nessuno più di loro odia il peccato …“e tuttavia non odiano il peccatore, non lo condannano , non se ne allontanano, ma ne hanno compassione, lo ammoniscono, lo consolano, lo curano come un membro malato: fanno di tutto per salvarlo” (Doroteo di Gaza, Insegnamenti spirituali) . E questo perché sono animati dalla vera carità, quella carità che tutto copre.

Se andiamo al testo greco della Lettera ai Corinzi, e cerchiamo sul dizionario il verbo “stegein: coprire” usato da san Paolo ,vediamo che questo ha tanti significati: copro, proteggo, custodisco, difendo. Tengo in me, trattengo. Nascondo, tengo segreto. Sopporto, sostengo, tollero. E il sostantivo “stegos” sta per : tetto, casa, abitazione, dimora, tomba.

Penso che, con un briciolo di umiltà, possiamo tutti ammettere che la nostra tendenza abituale sia invece quella di “scoprire, svelare, diffondere, non trattenere il giudizio o la chiacchiera, non tollerare i difetti del prossimo”. Contro questa tendenza si è espresso tante volte papa Francesco:“Quanto si chiacchiera nella Chiesa! Quanto chiacchieriamo noi cristiani! La chiacchiera è proprio spellarsi ,farsi male l’un l’altro. Sembra bello chiacchierare… Non so perché, ma sembra bello. Come le caramelle al miele, no? Tu ne prendi una – Ah, che buona! -e poi un’altra, un’altra, un’altra e alla fine ti viene il mal di pancia. E perché? La chiacchiera è cosi: è dolce all’inizio e poi ti rovina, ti rovina l’anima! Le chiacchiere sono distruttive nella Chiesa… E’ un po’ lo spirito di Caino: ammazzare il fratello, con la lingua. E come ammazziamo il fratello? Facendo tre cose. La prima è la disinformazione: dire soltanto la metà che ci conviene e non l’altra metà; l’altra metà non la diciamo perché non è conveniente per noi. La seconda è la diffamazione: quando una persona davvero ha un difetto, ne ha fatta una grossa, raccontarla, ‘fare il giornalista’… E la fama di questa persona è rovinata! E la terza è la calunnia: dire cose che non sono vere. Tutte e tre – disinformazione, diffamazione e calunnia – sono peccato! Questo è dare uno schiaffo a Gesù nella persona dei suoi figli, dei suoi fratelli.” (Omelia di Papa Francesco del 18 maggio 2013)

Mentre è così facile non usare la carità per i fratelli, quando si tratta di noi, desideriamo esattamente il contrario, e cioè che gli altri tengano segreta e non diffondano ai quattro venti una nostra mancanza, che vadano oltre a un nostro sbaglio o una nostra svista, invece di puntarci subito il dito contro. Quanta gratitudine nasce in noi quando ci aspetteremmo un rimprovero per un compito che non abbiamo portato a termine, e invece arriva un apprezzamento per ciò che, magari con fatica, siamo riusciti a realizzare. Quando ci accorgiamo che un nostro sbaglio non ha scalfito per niente un’amicizia, ma ci sentiamo accolti e stimati come prima. Quando possiamo aprire il nostro cuore nella Confessione, sapendo che tutto sarà coperto e bruciato dalla misericordia di Dio.

La carità copre ciò che è male perché risalti il bene; punta i riflettori sugli aspetti positivi, sugli sforzi già fatti, e ha pazienza con il fratello, che ha bisogno dei suoi tempi per crescere e correggersi. La carità rifiuta di trovare soddisfazione nell’ascoltare o nel ripetere il racconto delle sfortune degli altri, se non per dare beneficio alla persona meno fortunata. Carità è avere pazienza verso qualcuno che ci ha deluso; è resistere all’impulso di offendersi facilmente. È accettare noi stessi e gli altri per come siamo veramente, con i nostri difetti e imperfezioni. È guardare al di là dell’aspetto fisico, è resistere all’impulso di classificare gli altri.

“Coprire” non vuol dire “far finta di niente”, anche se a volte, per non esasperare l’altro, va fatto anche questo. “Non rattristare un affamato, non esasperare un uomo già in difficoltà” (Siracide 4,2).

Non vuol dire “connivenza) o “complicità”, in nome di un patto segreto per cui “io copro te e tu copri me”. Coprire vuol dire sentire l’altro mio fratello, membro del mio stesso corpo, per cui pubblicizzare il suo male fa soffrire me. “Siamo infatti membra gli uni degli altri (Rom 12,5). Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme (1 Cor 12,26)”.

E allora come possiamo anche noi essere ripieni di quella carità che tutto copre? Dobbiamo anche noi trascorrere 14 anni nel deserto, come ha fatto sant’Ammonas e supplicare Dio giorno e notte?

San Paolo ci dice: “Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi,  e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi…(Efesini 5,1-2)

“Cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo…riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità. (Efesini 4,16)

Ecco che siamo chiamati ad imitare la Carità in persona,Gesù, camminando verso di Lui, seguendo Lui. Questo è possibile farlo ogni giorno attraverso la meditazione quotidiana della sua Parola, che ci trasforma da dentro e ci edifica pian piano nell’amore.

Nutrirsi spesso dell’Eucarestia ci permette di far crescere in noi gli stessi sentimenti di Gesù, di acquisire il suo stesso sguardo sugli altri e ci fa essere compassionevoli verso i fratelli non solo nei momenti di malattia, afflizione e difficoltà, ma anche in tempo di debolezza o errore da parte degli altri.

I padri della Chiesa insistevano tanto sulla necessità di non fare nemmeno attenzione ai difetti del prossimo, ma di “coprirli” con la consapevolezza e il timore di poter cadere anche noi nelle stesse mancanze . <<Come, per esempio, quello che vide peccare un suo fratello e gemendo disse: “Guai a me! Oggi lui, domani tocca a me.” ›› (Doroteo di Gaza, Insegnamenti spirituali).

Anche papa Francesco, nel discorso ai cappellani delle carceri,ci ha confidato che ogni tanto , la domenica, telefona a qualche carcerato che gli scrive da Buenos Aires. ‹‹Poi quando finisco penso: perché lui è lì e non io che ho tanti e più motivi per stare lì? Pensare a questo mi fa bene: poiché le debolezze che abbiamo sono le stesse, perché lui è caduto e non sono caduto io? Per me questo è un mistero che mi fa pregare e mi fa avvicinare ai carcerati.›› (Discorso ai cappellani delle carceri, 23 ottobre 2013)

Ecco l’importanza grande di accostarsi spesso al Sacramento della Riconciliazione, in cui sperimentiamo di essere coperti ogni volta dalla misericordia di Dio, che “non tiene conto dei nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe” (Salmo 103).

Papa Francesco, nelle sue omelie ha dato anche alcuni suggerimenti pratici per non cadere nella chiacchiera: ‹‹Vai, prega per lui! Fai penitenza per lei! E poi, se è necessario, parla a quella persona che può rimediare al problema. Ma non dirlo a tutti! ›› (Omelia a Santa Marta 13 settembre 2013)

‹‹Un cristiano prima di chiacchierare deve mordersi la lingua! Questo ci farà bene, perché la lingua si gonfia e non può parlare e non può chiacchierare››. (Udienza 25 settembre 2013)

In cento piccoli modi, ciascuno di noi è chiamato ad indossare il mantello della carità, quella carità che tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta e che non avrà mai fine. (1Cor 13,7-8)

 

PROPOSITO CONCRETO:

In questo mese , ripeterò spesso il versetto del Salmo: SIGNORE, PONI UNA CUSTODIA ALLA MIA BOCCA, SORVEGLIA LA PORTA DELLE MIE LABBRA, e ogni volta che starò per notare il difetto di qualcuno, mi farò venire in mente subito uno dei suoi pregi.

Oppure: in questo mese, ogni volta che noterò un difetto o una mancanza da parte di qualcuno (es: impazienza), rivolgerò l’attenzione a me e mi chiederò come io sto vivendo la virtù opposta a quel difetto (pazienza).

La meditazione di settembre è di Simona Ciullo.

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