Posted On 01/10/2018

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by Ruth Kuefler

“La logica del paradosso”

«Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paraclito, se invece me ne vado, lo manderò a voi» (Gv 16,7).

La fede cattolica, che paradosso! Nella Sacra Scrittura troviamo tanti brani dal contenuto simile a questo: «Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà» (Mt 16,25). Come cattolici, inoltre, proclamiamo delle verità quali: «O felix culpa, quae talem ac tantum meruit habere Redemptorem» (Beata colpa, che meritò tale e così grande Redentore). Fede e ragione, corpo e anima, Scritture e Tradizione, grazia e natura; tutte queste cose sono delle verità della fede e tutte sono paradossi. In questo nuovo ciclo di meditazioni, dove tratteremo diversi elementi importanti del carisma delle Apostole della Vita Interiore, vorrei esplorare e condividere la mia esperienza della “logica del paradosso.”

Che cosa è un paradosso? Un paradosso è come un ponte. Regge una tensione fra due estremi che di per sé sembrerebbero contraddittori, come le due sponde di un fiume che non sarebbero collegate senza un ponte. Mentre questi estremi sembrano in opposizione, la “logica del paradosso” li tiene insieme in armonia, senza compromettere l’integrità di nessuno dei due. Quindi un paradosso non è illogico o irrazionale, ma è talmente “grande” che non si può comprendere  tutto insieme allo stesso momento. È un “et/et” e non un “aut/aut”.

L’immagine del ponte è molto cara alle Apostole della Vita Interiore perché rappresenta bene la spiritualità sacerdotale del nostro carisma. Gesù, come eterno Sommo Sacerdote, diede la sua vita per riconciliare Dio all’uomo e l’uomo a Dio, creando così un ponte dove c’era prima un abisso. Similmente, possiamo pensare al carisma come un “paradosso.” Gli apostoli nei vangeli sono chiamati prima di tutto a stare con Gesù: «Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli – perché stessero con lui… » (Mc 3,14). Poi Gesù li invia a predicare a tutti i popoli. Come gli Apostoli, anche noi ci sentiamo chiamate a coltivare un’intimità crescente con Gesù attraverso la preghiera e i sacramenti, e inviate da Lui a predicare il suo desiderio di avere quest’intimità con tutti (di qui deriva il nome “Apostole della Vita Interiore”). Vogliamo, come Apostole, stare con Dio, e portare le persone a Dio e Dio alle persone.

Anche la nostra intimità con Gesù è un paradosso. La chiamata a stare con Gesù non è solo per una volta, ma è un invito costante. Per quanti di noi sono chiamati alla sequela di Gesù in modo radicale attraverso i consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza, sembrerebbe che il dono di sé sia già avvenuto una volta per sempre nella professione dei voti. Paradossalmente, Lui ci chiama ad un’intimità ancora più profonda anche dopo il dono totale di noi. Abbiamo già dato tutto quello che c’è da dare, e Gesù ci chiede sempre di più. Personalmente ho sperimentato questa tensione, quest’intimità paradossale, in occasione della mia consacrazione.

I giorni precedenti alla mia professione dei voti sono stati particolarmente intensi. Le parole del Vangelo che mi venivano spesso in mente  erano: «Venite, benedetti del Padre mio» (Mt 25,34). Gesù mi attirava a sé come la sposa prescelta dal Padre per suo Figlio. Era come nelle favole di un tempo in cui il re sceglie la sposa per il principe. Io e Gesù sapevamo bene tutti e due cosa volevamo, ma aspettavamo la benedizione del Padre. Ed è arrivata in diversi modi in quei giorni.

Per esempio, quando sono arrivata al monastero per il ritiro di preparazione, sono stata accolta da un prete che era stato un tempo il mio padre spirituale, grazie al quale, forse per la prima volta, ho sperimentato la cura di un Padre. La prima cosa che mi ha detto non era : “Ciao,” ma: “Avevo tutte le intenzioni di scriverti.” Non ci vedevamo da anni e comunque aveva continuato a pensare a me! Mi sono sentita immediatamente accolta dalle sue premure paterne. Poi lui e i suoi confratelli hanno pregato per me durante la Messa  tutti i giorni seguenti.

Ho anche sperimentato la benedizione del Padre attraverso il mio padre spirituale attuale che mi ha predicato quel ritiro in modo personalizzato e mi aveva accompagnato in tutta la lunga preparazione ai voti. Dopo il ritiro, l’ho rivisto solo la mattina dei voti, nel momento in cui stavamo per fare la processione all’inizio della Messa. Non c’era tanto tempo per parlare quindi gli ho chiesto semplicemente la benedizione. In quel momento, lui rappresentava per me il Padre di persona. Conosceva tutte le mie debolezze, tutti i peccati, i limiti, tutto ciò con cui facevo fatica. Poteva letteralmente dire alla Comunità di fermare tutto, e invece, come il Padre, è andato oltre tutto questo,  guardando alla mia identità come l’amata di Gesù. E mi ha dato la sua benedizione. Ho proseguito la processione, fiduciosa di ciò che stavo per fare, e la Messa è cominciata.

L’apice è stato ovviamente il momento in cui ho letto la formula dei voti, promettendo di dare tutto ciò che avevo, tutto ciò che ero, e tutto ciò che sarò a Gesù nei voti di povertà, castità, e obbedienza. Sentivo forte l’invito «Vieni, benedetta del Padre mio» mentre andavo davanti all’altare. Mi sembrava che potessi dire finalmente, dopo anni di “inseguimento” da parte di Gesù e di “ricerca” da parte mia: “Eccomi.” Veramente ero un’Apostola chiamata ad essere con Gesù, unita a Lui.

L’unità che si è approfondita nei mesi seguenti  era per me un paradosso. C’è stato un giorno specifico, un orario preciso, un luogo geografico in cui ho dato assolutamente tutto a Gesù e da allora continua ad appropriarsi di me sempre di più. Inoltre, la nostra unità non cresceva nei momenti di maggiore intimità nella preghiera, ma in quelli in cui lo pensavo più lontano. Ho cominciato a rendermi conto che quando percepivo di più il buio non era perché Lui era assente, ma perché era disceso ad una profondità tale che non lo vedevo più. Gesù non aveva paura del mio passato, delle mie debolezze, delle mie paure o dei miei limiti. Lui voleva anche quelle parti di me, e veniva a reclamarle. Gli angoli di me di cui ignoravo persino l’esistenza o che inconsciamente avevo nascosto perché non erano degni di Lui, sono diventati i suoi nascondigli preferiti. In verità gli ho dato tutto quando ho fatto la professione dei voti. E paradossalmente Lui mi rendeva sempre più sua.

Secondo me tutti noi sperimentiamo la logica del paradosso nella vita. Non siamo tutti chiamati alla vita consacrata o al carisma delle Apostole della Vita Interiore. Ma Gesù vuole tutto da ciascuno di noi. Se siamo uomini e donne di preghiera, ci saranno certamente periodi in cui il Signore sembrerà distante. Può capitare nell’aridità della vita quotidiana o magari nei momenti traumatici dove il Signore sembra ci abbia abbandonato. Per quei periodi suggerisco le parole di Gesù stesso, che mi hanno aiutato: «Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paraclito, se invece me ne vado, lo manderò a voi» (Gv 16,7).

Gli Apostoli erano chiamati prima di tutto a stare con Gesù. Poi Gesù dice loro che è meglio che Lui se ne vada. Che paradosso! Gesù li rassicura però che manderà il Paraclito al posto suo. È così anche per noi. Quando tutto sembra  buio è perché Gesù è sceso nell’oscurità dei nostri cuori per portare la luce dello Spirito Santo, che ci conferma nell’identità di figli del Padre nel Figlio. Gesù vuole un’intimità sempre più profonda con noi, e non si arrende fino a quando ci rende sua stabile dimora. Oggi lasciamo che Gesù dica a ciascuno di noi: “Vieni, benedetto del Padre mio. Non avere paura dell’oscurità, perché tu sei un figlio della luce. Veramente è meglio che io scenda in quel luogo perché manderò il mio stesso Amore a riempirlo. Se chiudessi solo un attimo gli occhi, e accogliessi per un istante il buio, ti farei vedere che io sono con te fino alla fine del mondo.”

Proposito Concreto

Invoca lo Spirito Santo e chiedigli di rivelarti quegli angoli del tuo cuore che non hai ancora affidato e consegnato al grande amore di Gesù per te. Chiedigli la Grazia di lasciare che lui e la sua luce invadano le tenebre che potrebbero circondarli.

 

La meditazione di ottobre è a cura di Kalin Holthaus

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