Carissima amica mia,
Sai che prima di conoscere te la mia comprensione dell’amicizia era più piccola di una bacca? Tu mi hai mostrato invece che l’amicizia è una rosa che fiorisce e le sue sfumature tingono e scaldano l’anima che ne gode.
Tu non attiravi l’attenzione su di te, e ovviamente io non te ne davo molta, eppure notavo con la coda dell’occhio qualcosa in te che oggi definirei «coraggio». Il coraggio del silenzio. Il coraggio di sceglierti come amica una ragazza emarginata dalla classe. Il coraggio di non nascondere né di sfoggiare il tuo amore per la preghiera. Il coraggio di invitarmi.
Sì, quello è stato un coraggio inusuale, che ha portato frutti che durano ancora oggi. Avevamo fatto la Cresima, sapevi che andavo ancora a Messa e a confessarmi, ma all’oratorio e al catechismo non ci venivo più. Tu invece avevi continuato, e più e più volte provavi ad invitarmi: «e c’è il ritiro di qui, e vieni all’incontro di là». Non so come hai fatto a perseverare! Te lo ripetevo (forse anche con uno sprezzante tono di superiorità) che avevo altri interessi (più politici che religiosi), che ero troppo presa dallo studio e che la domenica preferivo andare a sciare con gli amici, e che comunque non mi piacevano i «bigotti». E tu, anno dopo anno, tornavi all’attacco, «pacificamente».
Ma chi te lo faceva fare? Non ti davano fastidio i miei rifiuti? Non eri delusa, visto che io non ti seguivo mai? Non avevi paura che ti giudicassi o di passare per fanatica? Che pazienza che avevi a soli diciassette anni! Avevi una forza dalla tua parte… interiore, soprannaturale. Ecco, tu non eri da sola ad andare avanti in quella maniera, lo Spirito Santo era in te. Infatti la tua convinzione e — credo, la tua preghiera, hanno sconvolto lentamente la mia vita, in modo definitivo.
Solo molti, molti anni più tardi ho capito: tu non stavi facendo la propaganda ad un’idea, ma stavi cercando di regalarmi ciò che di più prezioso avevi. Non mi offrivi un prodotto con strategie di marketing, ma mi invitavi a conoscere il Signore perché tu l’avevi incontrato. Ti bastava essere un canale per Lui, volevi solo essere amore e diffondere amore, e ti davi poca importanza, ma a Lui volevi a tutti i costi portarmi. Continuavi la tua missione di testimonianza pur in assenza dei risultati desiderati. Hai accettato di incassare rifiuti e di restarmi amica, perché sapevi cos’è la vera amicizia. Avresti rischiato di perdere la mia stima pur di guadagnare la mia anima. Volevi il mio bene, non il tuo.
Sai, man mano che come Apostola prendevo consapevolezza di cosa fosse la direzione spirituale, mi rendevo conto che tu con me eri stata per me proprio una madre spirituale «in incognita» (sapendo che altrimenti sarei scappata!).
Amica mia, alla fine, con l’inizio dell’Università, mi hai convinta, e ho cominciato a venire a tutto quello che mi proponevi!
Trovavi il la via per entrare in me: «C’è un nuovo sacerdote per i giovani, e le sue lezioni rispondono in modo solido alle nostre domande esistenziali». Avevi ragione, era un nutrimento sostanzioso che sapeva scuoterci, un dialogo che non rifiutava le sfide ma stimolava a trovare risposte intelligenti. E soprattutto tu venivi con me. Il Don era credibile, soddisfaceva la nostra sete intellettuale ed è stato poi il mio padre spirituale durante i quattro meravigliosi anni del discernimento.
Mi avevi invitata all’associazione, puntando sul mio astratto senso di solidarietà e guidandomi a toccare con mano i nostri amici «in difficoltà», che adesso avevano dei nomi. E anche lì, tu venivi con me. E mi presentavi altri «credenti» gioiosi e autentici, scardinando i miei pregiudizi.
Venivi con me ai ritiri, nelle mie prime esperienze di silenzio e di preghiera prolungata, che tu sapevi adatti a rispondere ai miei desideri inconfessati. Andavamo in treno, una domenica al mese. Insieme.
I ponti che mi legavano alle mie paure e ai miei sensi di presunta superiorità e presunta inferiorità si stavano sgretolando. Vedevo il mio limite. Iniziavo a mendicare amore.
Le altre amicizie che sbocciavano in seno a queste esperienze con te sono rimaste tra le più significative della mia vita, per non parlare dei grandi santi Carmelitani che mi hai presentato: Teresa, Teresina, Edith Stein!
Ecco ancora che la tua amicizia si dimostrava vera. Non mi tenevi solo per te e mi facevi conoscere i tuoi amici, ed io volevo assolutamente portarti i miei! Era uno dei regali più belli che avrei potuto fare alle persone che amavo! Il bene che partiva da te tendeva ad allargarsi tutto intorno.
In quegli anni in cui finalmente avevo imparato a fidarmi di te, sapevi incoraggiarmi e correggermi allo stesso tempo. I segreti dell’animo umano non ti erano nascosti; scoprivi i sentimenti più imbarazzanti annidati dietro le mie maschere e sapevi dar loro un nome, sdrammatizzando la situazione. Riuscivi ad ascoltare i miei desideri più intimi. Avevi una conoscenza realistica delle miserie e delle aspirazioni umane; non ti scandalizzavi ed eri così schietta! Grazie, mi hai liberata da tanti tremori.
So che quello che hai fatto qui sulla terra ora puoi continuare a farlo con maggiore pienezza dal Cielo. Ancora non so cosa posso fare io per te, per ringraziarti e portare i tuoi frutti nel mondo e per continuare ad ascoltarti e ad imparare da te, e anche a ridere con te. Me lo insegnerai quando vorrai. Per ora, quando incontro un ragazzo omosessuale, una studentessa che non vuole venire ai ritiri, il giovane che si ubriaca o il filosofo che si tormenta nei dubbi, chiedo al Signore di prendere in prestito un pochino del tuo sguardo, perché, se lui vuole, possa anch’io smettere di giudicare e possa lasciar trapelare la certezza che Dio non si scandalizza. Vorrei farlo col tuo sorriso divertito, che prende in giro senza offendere e che non prende troppo sul serio le piccolezze in cui ci imbrigliamo. Prega per i missionari, perché sperimentino e annuncino un Dio che ci ama non perché siamo dei bravi ragazzi, ma perché siamo i suoi bambini!
A te che vivi nell’Amore,
con affetto, amicizia e gratitudine,