“Carrozza 5, posti 13 a 13b … Dai su, saliamo…” mi dice mia sorella Loredana.
Un ragazzo robusto, vedendo noi alquanto minute rispetto ai nostri bagagli, si offre di aiutarci a sistemarli negli appositi spazi. Prendiamo posto a sedere e immediatamente un signore anziano, ma giovanile, esordisce dicendo: “Meno male che il numero 13 è capitato a voi…io purtroppo sono superstizioso!”. Noi approfittiamo di questo commento per assecondare la conversazione.
Solitamente quando viaggiamo, soprattutto in treno, cerchiamo qualsiasi scusa per iniziare un dialogo con chiunque sieda nei paraggi. Mi ha sempre colpito il versetto circa il mandato missionario presente nel vangelo di Marco: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.” (Mc 16,15). Gesù dice espressamente di portare il lieto annuncio ad ogni creatura. Quando mi guardo attorno penso sempre a questa frase. Gesù non dice semplicemente di annunciare il Vangelo a tutti ma addirittura preferisce dire “ad ogni creatura” sottolineando così il valore di ogni persona e il contatto diretto con lei. Chi mi passa accanto ha il diritto di ascoltare la Sua parola, quindi io ho il dovere di rendere ciò realtà, se mi è possibile. “Guai a me se non predicassi il Vangelo” dice Paolo. E in un altro passo afferma, “Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? E come lo annunzieranno, senza essere prima inviati? Come sta scritto: Quanto son belli i piedi di coloro che recano un lieto annunzio di bene! (Rom 10,14ss).
Papa Francesco ribadisce tutto ciò nell’Evangelii Gaudium n.24. «La Chiesa “in uscita” è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano. “Primerear – prendere l’iniziativa”: vogliate scusarmi per questo neologismo. La comunità evangelizzatrice sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore (cfr 1 Gv 4,10), e per questo essa sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi. Vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia, frutto dell’aver sperimentato l’infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva. Osiamo un po’ di più di prendere l’iniziativa!»
Il dialogo con il nostro interlocutore, intanto, si rende sempre più interessante. Ignaro della nostra vera identità aggiunge, “Sapete, comunque, tornando alla superstizione, che la cosa peggiore è viaggiare con le suore, particolarmente con quelle vestite di nero”. E di lì continua a parlare per una mezz’ora, tra il serio e il faceto, delle varie vicissitudini accadutegli durante i vari spostamenti, a motivo della presenza di queste compagne di viaggio.
Io domando: “Scusi, ma lei è anche credente?”. “Sì, ma purtroppo non riesco a liberarmi della superstizione che i miei mi hanno inculcato. Anche i miei figli mi prendono in giro. Ma, sapete, è più forte di me!”.
Noi continuiamo ad ascoltarlo attentamente e con sentita partecipazione. Appena se ne presenta l’occasione domandiamo: “Lei è proprio sicuro che oggi non stia viaggiando con le suore?”. “Diamine, mi sono guardato bene attorno prima di sedermi!”. “ Mi dispiace, ma noi siamo due consacrate, cioè due suore in borghese!”. Improvvisamente sentiamo gli occhi di mezza carrozza puntati su di noi e vediamo una fila di teste curiose sporgersi ai lati dei sedili per vedere chi fossero queste “suore”.
Carlo (nome fittizio dell’anziano signore), imbarazzato, stupito e anche un po’ incredulo cerca di scusarsi. Noi cerchiamo in tutti i modi di metterlo a suo agio e continuiamo a parlare di tutto seguendo e assecondando i temi che più gli stavano a cuore: la famiglia, il lavoro, le vacanze. Svelata ormai la nostra identità, parliamo anche di questioni esistenziali e il nostro modo di procedere è per lo più quello del ricalco e guida: ripetiamo cioè quanto affermato da lui per condurlo gradatamente a superare i propri pregiudizi e ad aprirsi maggiormente alla Verità del Vangelo. Non manchiamo certo di parlargli di Gesù e del Suo Amore, sempre però adeguandoci e calibrando il nostro discorso sulla sua capacità di comprenderci, usando immagini, esempi e storie collaudate già nel passato durante l’evangelizzazione degli studenti di ingegneria.
Raggiungiamo Roma Termini e Carlo ci ringrazia di cuore per la piacevole conversazione che, tra l’altro, non gli ha fatto percepire la lunghezza e pesantezza del viaggio. Ricambiando i ringraziamenti lo salutiamo assicurandogli preghiere e dicendogli, “Speriamo che questa esperienza le sia servita per sfatare l’idea che le suore portino sfortuna!”. Carlo sorride e, porgendoci il suo biglietto da visita, ripetutamente ci invita a passare a casa sua qualora ci trovassimo dalle sue parti. Scendiamo dal treno e ci accorgiamo che il suo volto è attraversato da un sorriso a 360 gradi. Leggero come una piuma si confonde tra la folla e perdiamo le sue tracce.