35 Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, 36 nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. 37 Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? 38 Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? 39 E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? 40 Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. ( Matteo 25, 35-40)
Questo passo del vangelo di Matteo dove viene presentato il giudizio universale, riassume in un certo senso la vita di una grande santa del nostro tempo: Santa Teresa di Calcutta che ha dato la sua vita per i poveri di tutto il mondo. Chi sono i poveri? Sicuramente ci sono tanti poveri che oggi soffrono la fame, la miseria, non hanno una casa, soldi per sopravvivere; ma una povertà più grande presente ancora oggi è la povertà di chi non si sente amato, desiderato, conosciuto, compreso. L’elenco presente nel vangelo di Matteo che enumera affamati, assettati, forestieri, nudi, malati, carcerati richiama le opere di misericordia che ogni uomo è chiamato a seguire nella sua vita. Ciò che colpisce in questo brano è che il giudice, il re, si considera lui stesso il destinatario di tali azioni: “ogni volta che avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. L’aiuto portato o rifiutato al povero è aiuto prestato o rifiutato a Gesù stesso. Il Figlio dell’Uomo, il Re, è solidale con i poveri, si identifica in loro.
Madre Teresa ripeteva spesso che i poveri prima di tutto hanno bisogno di Dio, del Suo amore reso visibile da persone che vivono accanto a loro, le quali nella semplicità della loro vita esprimono e fanno emergere la forza dell’amore cristiano. Dio si serve di tante strade e di infiniti strumenti per raggiungere il cuore delle persone. Madre Teresa sosteneva: “Certo, i poveri si avvicinano a noi anche perché stiamo distribuendo loro il cibo, ma ciò di cui hanno veramente bisogno va oltre il piatto caldo o il panino che offriamo. I poveri hanno bisogno delle nostre mani per essere risollevati, dei nostri cuori per sentire di nuovo il calore dell’affetto, della nostra presenza per superare la solitudine. Hanno bisogno di amore, semplicemente. Ma allo stesso tempo i poveri ci salvano perché ci permettono di incontrare il volto di Gesù Cristo”.
L’amore può generare miracoli davvero inimmaginabili e straordinari. L’invito di Madre Teresa per tutti noi è di amare senza stancarci. Essere sempre delle lampade accese per tutti coloro che incontriamo nella nostra vita. Le gocce d’olio che tengono accese le lampade, sono le piccole cose della vita quotidiana: la fedeltà, una parola gentile, un pensiero per gli altri, il nostro modo di guardare, di parlare, di agire nelle situazioni della vita.
Madre Teresa insiste particolarmente sul silenzio nella preghiera. Testimonierà sempre che la fecondità della sua azione e di quella delle sue sorelle, viene dall’ora quotidiana di adorazione davanti al Santissimo Sacramento. Nel silenzio della contemplazione, Madre Teresa sentiva risuonare il grido di Gesù sulla croce: “Ho sete”. Questo grido in fondo al cuore, la spingeva sulle strade di Calcutta e di tutte le periferie del mondo, alla ricerca di Gesù, nel povero, nell’abbandonato, nel moribondo.
L’essere umano ha sete di dignità. Bisogna accogliere la tenerezza dell’altro con tenerezza, sapendo che siamo tutti degli esseri feriti, vulnerabili e fragili.
Madre Teresa ha sempre unito l’Eucarestia e il servizio ai poveri. Dall’Eucarestia andava ai poveri e dai poveri andava all’Eucarestia. Quando il segretario delle Nazioni Unite la presentò all’ONU definendola “la donna più potente della terra” Madre Teresa risposte dicendo: Io sono soltanto una suora che prega e aggiunse, pregando, Gesù mette il suo amore nel mio cuore e io vado a portarlo ai poveri di tutto il mondo, ai poveri che incontro.
Quando ci accostiamo alla preghiera necessariamente deve nascere in noi il bisogno di vivere e fare la carità. Attraverso la preghiera, quando entriamo in comunione con Dio, nasce in noi il desiderio di incontrarLo e servirlo attraverso le persone che incontriamo. Senza Dio siamo troppo poveri per aiutare i poveri. Anche Maria dopo l’annuncio dell’angelo, nel momento in cui in lei si è accesa nel grembo la presenza di Gesù non si è fermata ma ha sentito dentro di lei il bisogno di uscire e di andare da Elisabetta a servire.
Possiamo davvero imparare tanto dalla vita di questa piccola matita di Dio come lei stessa amava definirsi. Anche il cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica Vaticana, che ha incontrato più volte Madre Teresa dà una bellissima definizione circa la sua persona, la definisce come “una finestra dalla quale Dio si è affacciato e ha sorriso all’umanità ed ha seminato speranza”.
Se le finestre sono chiuse non solo non lasciamo entrare Dio, ma impediamo la Sua azione. Se siamo umili, generosi, altruisti apriamo le finestre e nel mondo qualcosa cambia. Madre Teresa diceva che l’unica valigia che porteremo con noi quando moriremo sarà la valigia della carità.
Attraverso l’esempio e la vita di Madre Teresa possiamo trarre tre grandi insegnamenti per la nostra vita: vivere d’amore nel quotidiano con le persone che ci circondano, amare soprattutto i più piccoli e i più poveri nel nome di Gesù, dare tutto a Gesù che ha sete del nostro amore.
PROPOSITO CONCRETO
Cerco in questo mese di fermarmi davanti al Santissimo Sacramento. Dopo aver sperimentato l’Amore di Dio attraverso la preghiera, voglio compiere un gesto concreto verso una persona che ha bisogno del mio aiuto.
La meditazione di questo mese è di Francesca Di Leone
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