«Sì, i preti sono la presenza di Gesù in mezzo a noi ma le suore a cosa servono?» Ricordo un po’ di anni fa di aver ascoltato questa conversazione a Roma, sull’autobus. Non so se mi colpì maggiormente l’inaspettato argomento religioso o la sostanza della conversazione! Insomma, le suore, a cosa servono? Tipica domanda della nostra cultura occidentale, dove il valore delle cose sembra essere valutato in base all’utilità!
Papa Francesco non era a Roma su quell’autobus. Eppure ha fatto suo questo interrogativo e ha donato alla Chiesa l’anno della Vita Consacrata, che si avvia alla conclusione. Più di dodici mesi per conoscere e riscoprire una realtà che ha fatto parte della Chiesa, dal monachesimo fino ad ora, esprimendosi sia nelle forme tradizionali sia in nuove comunità che stanno fiorendo, tra cui anche la nostra.
«Ho voluto anzitutto riproporre a tutta la Chiesa la bellezza e la preziosità di questa peculiare forma di sequela Christi», ha scritto il papa nel messaggio di apertura dell’anno. La Vita Consacrata è un segno. A che cosa “serve”? A nulla e a tutto. A nulla, perché spesso non produce qualcosa di visibile e quantificabile. A tutto, perché dalla caduta dell’umanità «è entrato nel mondo il peccato e con il peccato la morte» (Rm 5,12) cioè la separazione tra l’uomo e Dio; la Vita Consacrata, incarnata in uomini e donne come tutti gli altri, è una chiamata di Dio, destinata ad alcuni, perché siano segno per tutti di ciò che ci attende in Paradiso: «Alla Risurrezione infatti non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo. (Mt 22,30). Ci ricorda chi è Dio e chi sono io, contro il peccato d’orgoglio dei progenitori. È un richiamo a non dimenticare la vera realtà delle cose: da dove veniamo e dove andiamo.
Ogni consacrato può sintetizzare la propria vita nel motto di San Paolo: «Per me vivere è Cristo» (Fil 1,21). Il beato Paolo VI affermava: «Senza questo segno concreto, la carità che anima l’intera Chiesa rischierebbe di raffreddarsi, il paradosso salvifico del Vangelo di smussarsi, il sale della fede di diluirsi in un mondo in fase di secolarizzazione» (Evangelica testificatio, 3).
Ti invito a fermarti un momento e riflettere; chiediti: quando mi accorgo dei segni che il Signore mi manda? Come mi lascio da essi interrogare? La Vita Consacrata è un richiamo all’importanza della realtà spirituale dell’esistenza; come vivo il Vangelo ogni giorno, nelle scelte che sono chiamato ad operare? «La Parola è esigente e trasformante: mi confronto con essa quotidianamente e senza paura?» (Carlo Maria Martini).
Papa Francesco ha chiesto, nella lettera a noi consacrati, di aprire le porte dei conventi e di farci conoscere, condividere anche con gli altri ciò che viviamo. È un invito che anche noi Apostole e Apostoli della Vita Interiore abbiamo raccolto e come Gesù ripetiamo ai giovani: vieni e vedi. Abbiamo chiesto alla nostra Ruth che nel giorno della Festa della Madonna di Guadalupe (12 dicembre) farà i voti, diventando la diacessettesima Apostola della Vita Interiore, di condividerci quello che sta vivendo: «Per me è una grazia speciale poter fare i voti nei giorni in cui si sovrappongono l’Anno della Vita Consacrata e il Giubileo di Misericordia, perché vedo la mia chiamata come grande gesto di misericordia da parte di Dio. Infatti, se dovessi rispondere alla domanda “chi è Gesù per me?” direi che è lo Sposo misericordioso. Nonostante tutti i miei limiti, i miei peccati, le mie ferite, anzi, a volte proprio attraverso l’esperienza della mia debolezza, sento ancora la Sua voce il Suo tocco che mi dicono: io desidero te, Ruth, e ti voglio Mia, per sempre».
Una vocazione (che significa appunto chiamata) la si può solo accogliere come dono. «Più il tempo passa e più mi rendo conto» — ci racconta Joel, anche lui in formazione, nel ramo maschile della nostra comunità — «che veramente la vocazione è il dono che Dio Padre mi ha fatto, Lui che mi conosce e mi ama e per questo desidera il meglio per me. Io ho detto il mio “si” e, con questo, Lui ha trasformato la mia vita, realizzando i miei desideri più profondi di amore e di comunione, con Lui e con gli altri».
Ecco un altro spunto di riflessione dal quale lasciarsi interrogare nella preghiera personale: come vivo la mia vocazione, qualunque essa sia? Provo a nominare e magari a scrivere i doni che anch’io ho ricevuto da Dio Padre.
Se la Vita Consacrata è davvero un dono allora ci auguriamo che tanti giovani siano aperti a riceverlo, magari proprio tuo figlio/figlia, fratello/sorella o nipote. Non sarebbe questo un dono veramente grande per tutta la famiglia? «Ricevuto questo dono, la mia vita ha senso solo se vissuta come dono a Lui e alla Sua Chiesa. È proprio in questo scambio di amore del Padre con il Figlio nello Spirito Santo che sperimento pace duratura e autentica gioia. Non riesco a pensare alla mia vita in nessun altro modo!» Sono ancora le parole di Joel che ci mostrano come la persona consacrata sia profondamente realizzata e pienamente felice proprio come ogni cuore umano desidera.
Il Signore conosce le fatiche delle famiglie in cui una Vita Consacrata è chiamata. Le guarda con solidarietà e tenerezza, perché la scelta appartiene al mondo soprannaturale e solo in quel contesto può essere accolta e compresa. La particolare intercessione di Maria accompagna il cammino dei genitori come solo una Madre può fare, lei che ha vissuto la vocazione unica del Figlio.
Continuiamo allora a pregare perché le vocazioni non siano “chiamate perse” ma le “telefonate di Dio” siano ascoltate e risposte.
Proposito concreto: durante questo mese cerco di pregare in modo concreto per le vocazioni; per esempio, usando questa preghiera:
Dio, Padre Santo, che nella tua immensa bontà continui ad amare l’umanità e a chiamare gli uomini e le donne che tu hai scelto per una Vocazione di consacrazione, fa che le Tue parole raggiungano i loro cuori e li trovino aperti. Sappiano riconoscere la voce del Buon Pastore e come pecore mansuete rispondano con generosità, come gli Apostoli, e ti seguano per amore Tuo e della Tua Santa Chiesa. Amen.
La meditazione di questo mese è di Elena