Posted On 01/10/2016

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by Ruth Kuefler

Un mantello di misericordia inaspettato

Quando medito su un brano della Scrittura che parla dell’apostolo Pietro, mi posso immedesimare facilmente con la sua umanità. La Bibbia non nasconde i suoi dubbi, le sue fatiche, la sua audacia o i suoi difetti. Vediamo emergere tutto questo nell’incontro sorprendente con la grazia che viene descritto nel capitolo 10 degli Atti degli Apostoli. Apriamo i nostri cuori a ricevere questa Parola di Dio:

Il giorno dopo, mentre essi erano per via e si avvicinavano alla città, Pietro salì verso mezzogiorno sulla terrazza a pregare. Gli venne fame e voleva prendere cibo. Ma mentre glielo preparavano, fu rapito in estasi. Vide il cielo aperto e un oggetto che discendeva come una tovaglia grande, calata a terra per i quattro capi. In essa c’era ogni sorta di quadrupedi e rettili della terra e uccelli del cielo. Allora risuonò una voce che gli diceva: «Alzati, Pietro, uccidi e mangia!». Ma Pietro rispose: «No davvero, Signore, poiché io non ho mai mangiato nulla di profano e di immondo». E la voce di nuovo a lui: «Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo più profano». Questo accadde per tre volte; poi d’un tratto quell’oggetto fu risollevato al cielo. Mentre Pietro si domandava perplesso tra sé e sé che cosa significasse ciò che aveva visto, gli uomini inviati da Cornelio, dopo aver domandato della casa di Simone, si fermarono all’ingresso. (Atti 10, 9-17)

Quando incontriamo Pietro in questo brano, sappiamo due cose: che lui va sulla terrazza a pregare, e che ha fame. Sarebbe facile semplicemente interpretare la visione come una allucinazione, dato che ha lo stomaco vuoto. Ma sappiamo che Pietro va a pregare: va da solo, pronto a incontrare il Signore, desideroso di ascoltare la Sua Parola. Ma questo significa che la sua fame è sparita? No! Avere lo stomaco pieno non è la condizione essenziale per incontrare Dio. Entriamo nella preghiera con tutta la nostra umanità, con il nostro corpo, le nostre emozioni, le nostre intuizioni — anche con lo stomaco vuoto e con i vari mal di schiena. Come fa con Pietro, Dio può e vuole incontrarci precisamente laddove siamo deboli o vuoti; dove riconosciamo la nostra povertà, la sua grazia può entrare e lavorare.

In questo momento Pietro incontra qualcosa di completamente inaspettato: un lenzuolo pieno di animali che viene calato dal cielo. Posso immaginare i sentimenti confusi di Pietro di fronte a questa strana tovaglia: forse c’era una parte di lui che era speranzosa, vedendo questo potenziale di cibo, ma anche irritata, dato che non poteva mangiarlo in quanto impuro. Era probabilmente incuriosito, ma forse arrabbiato e intimorito. Non sono questi i sentimenti che spesso abbiamo davanti ad una provocazione del Signore? Quando ci arriva una Parola scomoda, ci suscita paura, fastidio, e confusione, specialmente se questa Parola contraddice ciò che pensavamo fosse la via giusta da seguire.

Durante questo Giubileo, stiamo meditando sulle tante sfaccettature della misericordia divina, e un’immagine che ci può aiutare è quella di un mantello. La misericordia di Dio è come un abito tessuto dalle tante esperienza della vita, un disegno bello che intreccia la Sua grazia e la nostra umanità; con i fili della nostra debolezza, sofferenza, e speranza che incontrano quelli della Sua compassione, del suo perdono e del suo amore incondizionato. Quando il Figlio è diventato carne, Dio ha intessuto la sua vita divina nelle viscere della nostra umanità e continua a vestirci di questo dono gratuito.

Oggi incontriamo una manifestazione bella e forse sorprendente di questo mantello di misericordia nella tovaglia calata davanti a Pietro. Vorrei invitarti a chiudere gli occhi per un momento e immaginare che tipo di tessuto il Signore sta calando nella tua vita oggi: un incontro con la Sua parola e la Sua presenza. Come è? Ruvido, liscio, caldo, pesante? Dove si posa? Ti avvolge in modo rassicurante come un mantello, oppure ti schiaccia al punto da soffocare? Cosa c’è dentro? E dove è Gesù in tutto questo? Puoi riconoscere questo mantello come dono della sua misericordia?

Ognuno di noi reagirà al suo mantello in modo unico; ma come reagisce Pietro? Non tanto bene all’inizio! Infatti le prime parole che escono dalla sua bocca sono “No davvero, Signore!”. Perché Pietro è così veloce nel rifiutare? Ha due obiezioni principali: 1) Non ho mai fatto questo e 2) è impuro. La seconda obiezione sembra abbastanza ragionevole: la tradizione giudaica vieta a Pietro di mangiare cibo impuro. Il problema sta nel valutare cosa sia impuro. Pietro è talmente chiuso nella sua interpretazione della legge che è incapace di vedere oltre la lettera per arrivare allo spirito. È incatenato dalle regole, fino al punto di rigettare la Parola di Dio; non ha uno sguardo misericordioso della realtà.

L’altra sua obiezione è questa: Non l’ho mai fatto. Ognuno di noi è fatto diversamente, e può essere più o meno disposto ad intraprendere un’esperienza nuova o sconosciuta. C’è chi ama l’avventura e chi la odia. Ma ciascuno di noi ha le sue insicurezze, laddove siamo più bloccati dalla paura o da un sentimento di inadeguatezza. È facile usare questi sentimenti come scuse per non seguire le ispirazioni di Dio. Dio, tu sai che non sono capace di insegnare il catechismo in parrocchia … Ma Signore, non ho mai dovuto parlare con il mio amico della sua dipendenza dalla pornografia … Signore, non ho mai dovuto chiedere perdono per una cosa del genere …

Perché troviamo tutte queste obiezioni? Se non abbiamo mai fatto qualcosa prima, siamo davanti a ciò che è sconosciuto e che ci fa paura perché noi non siamo in controllo. Ovvero, fa paura se pensiamo di dovere essere in controllo. La sete del controllo è talmente radicata in noi uomini che influisce anche sulle nostre espressioni colloquiali. Hai mai detto o sentito le parole “Tutto sotto controllo!” in riferimento ad un progetto o programma? Sembra dare per scontato che lo scopo è di essere in controllo. Ma il bello di essere cristiano è che non siamo in controllo – e non dobbiamo esserlo! Se io sono veramente figlio di Dio, figlia di un Padre che mi ama, allora posso fidarmi che è Lui a prendersi cura di me, e non devo affannarmi ad essere in controllo della mia realtà.

Se torniamo a Pietro, scopriamo che il racconto non finisce con le sue obiezioni, ma con l’insistenza divina, e la fiducia che Dio pone in lui, nonostante tutte le sue obiezioni. Leggiamo che la voce parla di nuovo, una seconda e poi una terza volta. Dio ripete il suo invito a Pietro (“Alzati, uccidi e mangia”) ben tre volte prima di togliere la tovaglia con gli animali. Vediamo da una parte quanto è insistente Dio, mentre dall’altra quanto ci lascia liberi. A questo punto è ovvio che Pietro non stia semplicemente sognando ad occhi aperti; al contempo sicuramente non capisce tutto. Ed è precisamente a questo punto che la tovaglia sparisce: il segno è stato dato, ma adesso tocca a Pietro decidere liberamente come rispondere. Mi ricorda l’Annunciazione, quando l’angelo si allontana da Maria. Lei aveva dato il suo fiat, ma non vuol dire che non fosse rimasta perplessa. Qui Pietro non ha neanche dato il suo assenso ancora, ma almeno non sta dicendo di “no” automaticamente. E questo è già tanto. Se il tuo cuore è libero, dire di “sì” non è la cosa più difficile; la vera sfida è disimparare tutti i “no” che abbiamo programmato nel nostro sistema di vita.

Non vediamo un “sì” esplicito da Pietro subito; solo nei versetti succedenti quando spiega in un discorso come è arrivato a capire il significato della visione, e accoglie i Gentili nella Chiesa come ha accolto i Giudei. Ma possiamo intuire tuttavia dei semi di questa conversione di mentalità, in due modi: innanzi tutto, leggiamo che Pietro è perplesso, e si domandava tra sé e sé che cosa significasse la visione. Ecco il punto di svolta, perché per la prima volta vediamo uno squarcio di ricettività nel suo cuore. Anche se è perplesso, non è uno stato di dubbio sterile, ma uno stato che cerca significato e vita, come un grembo che è vuoto non perché sterile ma perché attende di ricevere. Vediamo ancora un parallelo con Maria, che “meditava tutte queste cose nel suo cuore” (Lc 2,51). Recentemente mi sono chiesta, “Ma che cosa medita esattamente Maria?” Tutto ciò che non capisce! Questa descrizione di Maria viene subito dopo l’episodio in cui hanno trovato Gesù nel tempio tra i dottori della legge. Sicuramente Maria non capisce in quel momento perché Gesù è lì, e perché avrebbe provocato così tanta preoccupazione nei suoi genitori. Ma Maria pondera precisamente su questa realtà che è diversa dalle sue aspettative a dai suoi desideri. Medita, custodisce, accoglie nei recessi più intimi della sua umanità proprio quello che è Altro, che non ha scelto e non può controllare, ma che riceve come dono misterioso.

Tornando a Pietro, questa ricettività ci porta al secondo indizio della sua conversione di cuore. Quando arrivano gli ospiti, i messaggeri che Cornelio aveva mandato a chiamarlo, lui scende dalla terrazza e la Scrittura dice “Pietro allora li fece entrare e li ospitò”. Questo dettaglio potrebbe sembrare una semplice continuazione della narrazione, ma è profondamente significativo. È qui che Pietro dice di “sì” all’invito della visione: gli era stato chiesto di mangiare il cibo che fino a quel punto considerava impuro, di creare dello spazio dentro di sé per ciò che appariva illecito, inappropriato, scandaloso, e impossibile. Ma nell’accogliere questi messaggeri — che sono Gentili, non ce lo scordiamo — Pietro fa proprio questo. Sta seguendo l’esempio di Gesù stesso, che condivideva la tavola con le persone considerate impure, derelitte, e scandalose. Pietro invita questi Gentili a spezzare del pane insieme; apre il suo cuore ad altri che sono diversi da lui. E così scopre che in realtà condividono l’unica cosa che conta: un’umanità fragile ma aperta allo Spirito Santo.

Non è questo in fondo il tessuto della Misericordia?

Proposito concreto:

Dedicare questa settimana (o quanto tempo serve) a leggere attentamente e meditare su capitolo 10 degli Atti degli Apostoli, un paragrafo alla volta; chiedere allo Spirito Santo la docilità alla Parola di Dio. Queste domande possono facilitare la preghiera:

  • C’è un aspetto della mia umanità che considero un impedimento alla preghiera? Posso vedere come Dio mi raggiunge attraverso questa povertà o limite, come ha parlato a Pietro quando era affamato?
  • Condivido le obiezioni di Pietro? Quali sono le circostanze sconosciute che mi spaventano e mi tentano di rifiutare le ispirazioni dello Spirito? Sono tentato di etichettare come “impuro” (o inutile o fastidioso) qualcosa di cui invece il Signore mi vuole rivelare la bontà? Mi blocco perché ho paura di violare la “legge” delle aspettative impossibili, ho paura di dover “guadagnare punti”, o di dover sembrare sempre in piena forma?
  • Chi o che cosa cerco più spesso di controllare? La mia carriera? Il mio orario? La mia immagine? Il mio stato di consolazione o desolazione? I miei figli? I miei talenti? Le mie amicizie? Come posso affidarmi al Padre che mi ama ed imparare ad accogliere la Sua presenza nell’imprevisto?

 

La meditazione di questo mese è di Ruth.

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