Posted On 06/01/2015

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by Ruth Kuefler

Una Nuova Casa Apostolica

Solo alcuni mesi fa le Apostole della Vita Interiore hanno aperto una nuova casa apostolica a Roma. Per anni le ragazze in formazione e le consorelle coinvolte a tempo pieno con l’apostolato vivevano insieme in due appartamenti, presenza nascosta nella Città Eterna. Lo spazio vitale era diventato molto limitato con l’aumento delle vocazioni ed era giunto il momento di aprire una nuova casa apostolica. In un mese le pareti del nuovo appartamento hanno ricevuto una mano di pittura, sono state messe le tende alle finestre, e i mobili hanno presto il loro posto. In questo modo la casa ha assunto un aspetto più accogliente e caldo per favorire la vita comunitaria.

È interessante notare che questa casa come quelle del Texas e del Kansas, negli Stati Uniti, è chiamata «casa apostolica». Dal di fuori uno potrebbe pensare che è all’interno della casa che le consorelle fanno apostolato e offrono una formazione Cristiana a chi viene a trovarle, o che la casa è semplicemente un posto dove le Apostole, che fanno apostolato durante il giorno, vivono e dormono. Entrambe queste affermazioni sono vere, al tempo stesso la combinazione delle parole «casa apostolica». ci rimanda ad una realtà più profonda. Tiziana, una volta ha detto alle ragazze in formazione: «Il primo apostolato di ogni Apostola della Vita Interiore è all’interno della comunità, così che quest’ultima possa essere un segno di unità e di amore per Dio e per il prossimo». Questo capovolge la nozione di formazione per diventare delle Apostole della Vita Interiore. Non è che uno impara primariamente ad uscire fuori e portare gli altri più vicini a Cristo, ma la formazione che si riceve va vissuta prima di tutto con coloro con cui uno vive.

È una tentazione desiderare che la casa sia solo un luogo confortevole. E’ vero, a casa c’è lo spazio privato della camera da letto, la televisione, i libri, la cucina, la veranda e il cortile. Tutto ciò richiama l’idea di riposo e di relax e un posto dove non sei più tra i colleghi che non credono, con i compagni di scuola, o in parrocchia mentre cerchi di coinvolgere le persone in attività di evangelizzazione. Si può anche desiderare di tornare a casa per ricaricarsi così da poter uscire di nuovo. Ed è proprio questo “uscire” che papa Francesco ha incoraggiato quando ha detto: «tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo» (Evangelii Gaudium, 20). Al tempo stesso, se guardiamo attentamente e ci lasciamo coinvolgere in prima persona nella vita di famiglia e di comunità, notiamo subito che anche la casa è un posto dove la luce del Vangelo è necessaria. L’importanza per ogni membro di crescere e «uscire da se stessi» è un lavoro apostolico tremendamente necessario, perché all’interno di ogni casa possono annidarsi forti tentazioni all’individualismo, alla gelosia, all’impazienza, al giudizio e alla mancanza di comunicazione. Anche in casa deve essere presente lo spirito di sacrificio.

Un’immagine appropriata per capire la vita comunitaria e di famiglia potrebbe essere quella di un camino acceso. Un camino con un fuoco scoppiettante illumina e riscalda una stanza buia e fredda e attira le persone ad avvicinarsi e a godere di quella fonte di luce e di calore.

Eppure, dove la luce splende e il calore si irradia, c’è sempre la legna che brucia. Senza quel bruciare non c’è né luce né calore. Così allo stesso modo, una comunità può avere dei periodi dove i membri sperimentano una più profonda purificazione, che è avvertito come un «bruciare», o morire a se stessi, ma che è necessario per far sì che la comunità offra agli altri la Luce vera.

Riguardo ad essere questa luce per gli altri Papa Francesco commenta:

Ai cristiani di tutte le comunità del mondo desidero chiedere specialmente una testimonianza di comunione fraterna che diventi attraente e luminosa. Che tutti possano ammirare come vi prendete cura gli uni degli altri, come vi incoraggiate mutuamente e come vi accompagnate: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). È quello che ha chiesto con intensa preghiera Gesù al Padre: «Siano una sola cosa … in noi … perché il mondo creda» (Gv 17,21). 

Alcuni tra i più bei segni di una comunità sana e luminosa sono il salutarsi la mattina con un «buon giorno» che esprima la gratitudine di vivere insieme, l’interesse ad ascoltare come la giornata sia andata per ciascuno, lo «sprecare» il tempo intorno alla tavola per trascorrere più tempo insieme, la flessibilità con i propri progetti e idee per mettere l’unità al primo posto davanti a tutto il resto. Eppure, uno dei segni più toccanti è quando c’è la stima reciproca; chi è più vicino nota più facilmente i difetti, ma se l’amore sa andare oltre così da farti parlare di chi ti vive accanto con ammirazione, questo diventa una fonte di ispirazione e di radicalità evangelica.

«Non lasciamoci rubare l’ideale dell’amore fraterno!» Grida il Papa (EG, 101). L’amore fraterno è un luogo per uscire da se stessi e quindi un luogo di apostolato. È una luce che altri possono vedere e vedendola diventa per essi una fonte di evangelizzazione. I frutti non saranno solo per gli altri, ma anche per gli stessi membri come la Parola di Dio ci promette: «Come è bello e come è soave quando i fratelli vivono insieme… questo il Signore ha decretato come una benedizione e vita per sempre» (Salmo 132).

 La meditazione di questo mese è di Tatum McWhirter

 

Domande per la riflessione personale:

  • Come vivo la mia vita di famiglia o di comunità? La vedo primariamente come un luogo “comodo” o come un luogo dove sono chiamato ad uscire da me stesso?
  • Che cosa mi colpisce di una comunità o famiglia che vedo irradiare luce e calore?
  • Dove sono chiamato a “bruciare” all’interno della mia comunità o famiglia così da trasmettere la luce dell’amore di Cristo agli altri?

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